English
End
result: Lobuche, Island, but no Ama.
And
this is how it went:
On
our climbing period there were appr.16 expeditions on the mountain.
This
made climbing really strategic with the logistics – tent places on
camps 1 and 2 are very limited.
Also
the climbing sections from camp 1 to 2 and 3 are quite technical,
which makes carrying the camping gear up and down quite tricky.
The
options were few: Summiting from Camp 1 is very strenuous, and means
descending in the dark, tired - risky. Summiting from Camp 2 requires
awkward night at the filthy and crowded camp, but the ascent and
descent are ok. Summiting from Camp 3 (or 2,7) on the other hand
requires to drag the camping equipment up and down, which slows down
the climbing significantly. So we opt for the second option,
summiting from the Camp 2.
Sat
13.11.
Our
plan was to climb the quite technical part to Camp 2, prepare the
tent there and return sleeping back to Camp 1. During the first days
of the expedition we met Aleksei, a Russian climber, and Rinsen, his
climbing sherpa. These two climbers wanted to sleep at Camp 2, but
there was no space left for their tent. So we decided to let them use
our small Black Diamond tent that night, if they wanted (while
we ourselves were sleeping down on Camp 1).
Sun
14.11.
The
day after Aleksei and Sherpa Rinsen were meant to reach the summit,
while we were one step behind, moving to Camp 2 for the next night.
Alberto
hurt his finger, got a cut from a rock.
During
that same day, appr.200m before the summit during sunset, Aleksei
began to have serious high altitude problems, which eventually
brought him to death.
Mon
15.11.
“Summiting
day”. We left the Camp 2 at around 3am. Climbing felt easy, and we
were proceeding in good speed.
But
when we reached the Camp 3 at 06:30, furious wind prevented us from
continuing. We escaped the harsh weather to the Camp 3 emergency
tent, to wait the wind to settle.
Already
inside the tent we found also Sherpa Rinsen. Sad and shaken Rinsen
told us what had happened to Aleksei - he had been forced to leave
the client body alone up on the mountain because of the weather.
At
the same time Alberto was suffering with infected wound on his
finger, getting worse for the cold.
The
strong wind, the dramatic news and hand troubles made us to decide to
retrieve back down to base camp and wait for another summiting
opportunity - this clearly wasn’t the day to push ourselves to the
top.
Tue
16.11. – Thu 18.11.
Our
cook Kul needed to leave the base camp after three weeks of service
done, and we thought to take a short break as well and visited Namche
Bazaar, buying some more food, healing the infected hand wound and
waiting for the perfect weather window approaching for finalizing our
summiting.
But
on Thursday, when informing our agency about our returning plans, it
turned out that the agency had already closed our climbing permits.
Seems
that when our base camp was taken down by the kitchen staff, the
agency had thought that we had finished the expedition as well, and
so they declared the expedition finished to the Nepalese Tourism
Minister (as a normal obligatory procedure).
Meaning
our climbing permits were not valid anymore.
Bollocks.
After
lots of phone calls and hassle it finally turned out that nothing
could be done anymore – we could either climb illegally or go home.
And since we were eager to return back to Nepal later on also, the
first option was impossible. So we repacked everything and headed
back to Lukla.
Frustrated?
For sure. Regrets? No.
Just
raising the level for the next one. We have proved ourselves, that we
can reach even higher.
Next
target: South America
Italiano
Risultato
finale: Lobuche e Island Peak, sì. Ama Dablam no.
Ecco
come è andata:
Nei
giorni in cui abbiamo arrampicato noi, c'erano circa 16 spedizioni
sulla montagna, il che ha reso la logistica una parte starategica
della salita, infatti i posti tenda ai campi 1 e 2 sono molto
limitati.
Anche
i tratti di arrampicata dal campo 1 a 2 e 3 sono molto tecnici, il
che rende il trasporto dell'attrezzatura da campo portando
abbastanza difficile.
Le
opzioni erano poche: salire direttamente dal Campo 1 è molto
faticoso, e significa scendere al buio, stanchi. Rischioso. Scalare
dal Campo 2 richiede una notte scomoda in un campo sporco e
affollato, ma la salita e la discesa sono ok. Scalare dal campo 3 (o
2,7) d'altra parte richiede di trascinare l'attrezzatura da campo su
e giù, il che rallenta la salita in modo significativo. Così
abbiamo optato per la seconda opzione, salire dal Campo 2.
Sab
13.11.
Il
nostro piano era quello di scalare la parte abbastanza tecnica fino
al Campo 2, sistemare la tenda lì e tornare a dormire al campo 1.
Durante i primi giorni della spedizione abbiamo incontrato Aleksei,
uno scalatore russo, e Rinsen, il suo sherpa e compagno di scalata.
Volevano dormire al Campo 2, ma non c'era spazio per la loro tenda.
Così abbiamo deciso di prestarglila nostra piccola tenda Black
Diamond, per quella notte, se volevano (mentre noi eravamo al Campo
1 a dormire).
Dom
14.11.
Il
giorno dopo Aleksei e Sherpa Rinsen avevano in programma di
raggiungere la vetta, mentre noi, un passo indietro rispetto a loro,
avremmo passato la notte successiva al campo 2.
Inoltre
Alberto ha rimediato un taglio a un dito ferendosi sulla roccia.
Quello
stesso giorno, a circa 200m dalla cima, mentre il sole tramontava,
Aleksei ha cominciato ad avere seri problemi dovuti all'alta quota,
che alla fine sarebbero avrebbero portato alla sua morte.
Lun
15.11.
Il
"Giorno della Cima". Abbiamo lasciato il campo a 2 alle 3
di mattina. L'arrampicata sembrava facile, e guadagnavamo terreno con
una buona velocità.
Quando
abbiamo raggiunto il Campo 3 alle 06:30, però, un vento furioso ci
ha impedito di continuare. Siamo sfuggiti alla intemperie trovando
rifugio nella tenda di emergenza al Campo 3 , ad aspettare che il
vento calasse.
All'interno
della tenda abbiamo trovato anche Sherpa Rinsen, che triste e scosso
ci ha raccontato cosa era successo ad Aleksei. Rinsen era stato
costretto a lasciare il corpo del cliente da solo sulla montagna, a
causa del tempo.
Nel
frattempo la ferita di Alberto si era infettata, e peggiorava a
causa del freddo.
Il
forte vento, le notizie drammatiche e la ferita alla mano ci hanno
fatto decidere di tornare indietro, al campo base, e aspettare
un'altra occasione per la salita. Questo, chiaramente, non era il
giorno giusto per salire.
Mar
16.11. - Gio 18.11.
Dopo
tre settimane di servizio, il nostro cuoco Kul doveva lasciare il
campo base, e abbiamo pensato di prenderci una breve pausa anche noi,
e siamo andati a Namche Bazaar, abbiamo comprato altro cibo, medicato
la ferita infetta alla mano e aspettato una finestra di bel tempo per
portare a termine la nostra scalata.
Ma
giovedì, nell'informare la nostra agenzia sui nostri piani di
ritorno, abbiamo scoperto che l'agenzia aveva già fatto scadere i
nostri permessi arrampicata.
Pare
che quando il nostro campo base è stato smantellato dal personale di
cucina, l'agenzia aveva pensato che avessimo finito la spedizione
pure noi, e così ne hanno dichiarato la conclusione al Ministero
nepalese del Turismo (una normale procedura obbligatoria).
I
nostri permessi non erano più validi.
Sfortuna.
Dopo
un sacco di telefonate e sforzi, abbiamo capito che non si poteva più
fare nulla, Avremmo potuto salire illegalmente o andarcene a casa, e
dato che abbiamo in programma di tornare in Nepal la prima opzione
era impossibile. Così abbiamo impacchettato tutto e siamo tornati a
Lukla.
Frustrati?
Di sicuro. Rimpianti? No.
Abbiamo
solo alzato il livello per il prossimo progetto. Abbiamo dimostrato a noi
stessi che siamo in grado di a andare ancora più in alto.
Prossimo
obiettivo: Sud America
Peccato ragazzi!
ReplyDeleteNoi eravamo qui, nell'aria limpida e pura di Monfalcone, a 7 m.s.l.m., attorniati dagli imponenti rilievi della Rocca a fare il tifo per voi!
Ma tutto sommato è stata una bella esperienza...beh, chissà che non ci si incontri ANCHE in Sud America...
Un abbraccio e bentornati!
Fede & Andy
Thanks Fede, see you soon! Good to be back.
ReplyDelete